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Luglio 2011, Kenya, sito archeologico Lomekwi 3. Sonia Harmand e Jason Lewis, a capo della loro spedizione archeologa, fanno una scoperta interessante. Durante degli scavi hanno infatti trovato alcuni manufatti antichi. Si tratta di ciottoli affilati per lo più, ma anche di rudimentali martelli e persino di quelli che sembrano coltelli. Ma quanto sono antichi questi reperti? Molto. Ed è questo che pone la scoperta di Harmand e Lewis al centro delle attenzioni della comunità scientifica. Quelli rinvenuti, infatti, sono manufatti di 3,3 milioni di anni fa, circa 500.000 anni prima della stima che facciamo sulla comparsa del genere Homo. Non è stato quindi l’homo (inteso come genere di primati che ha attualmente un’unica sottospecie – l’homo sapiens – ovvero l’uomo moderno) a crearli, bensì degli ominidi antecedenti. È una bella scoperta che cambia in parte quello che sapevamo dei nostri antenati. Ma perché ne parliamo qua? Perché, come detto, tra quei reperti vi sono anche dei coltelli. Più dei pugnali forse, o ancor più probabilmente degli strumenti per scalfire frutta o animali predati. Non coltelli da tavola come li intendiamo oggi, certo, ma un primo – lontanissimo passo – verso l’evoluzione di strumenti che diventeranno, solo molti – davvero molti – secoli dopo, le posate.

Foto by wikimedia

Dall’antichità ai romani

Se abbiamo cominciato questo articolo parlando di coltelli, non è un caso. Questi rappresentano infatti la posata più antica, quella con maggior storia alle spalle. Il motivo è semplice: il coltello è strumento dalle innumerevoli funzioni. Arma di offesa, utensile di taglio e caccia, strumento per la cucina. Il coltello, come noi lo conosciamo, non esisteva nell’antichità. Vi erano per lo più pugnali, utilizzati appunto soprattutto per la caccia (ad esempio per scuoiare le prede). Improbabile che uno di questi non sia stato usato anche per suddividere una pietanza, ma prima degli antichi romani si mangiava con le mani e quindi parlare di posate sarebbe scorretto. Proprio con i romani le cose cominciano però a cambiare. Nell’antica Roma, soprattutto le persone benestanti, tendevano a mangiare da sdraiati e ad usare le mani (tanto che talvolta venivano indossati dei ditali di argento per non sporcarsi troppo). Tuttavia delle posate c’erano. I coltelli, ovviamente, spesso con un manico prezioso di osso o avorio, che però raramente veniva messo in tavola ed era usato più come abbellimento delle sale e comunque usato solo dai servi. E poi dei cucchiai. La ligula, con un’estremità ovale e leggermente concava, simile ai cucchiai moderni, e il cochlear, con l’estremità invece piatta e appuntita, che veniva utilizzato per mangiare uova e chiocciole. Vi erano poi anche delle piccole forchette, generalmente a due denti, utilizzate soprattutto per la frutta. Si tratta tuttavia di casi eccezionali, di strumenti utilizzati solo in sporadiche occasioni e solamente dai più facoltosi. Per arrivare alla posata come utensile quotidiano dovrà ancora passare molto tempo.

Foto by Pinterest

Uno sguardo a oriente

Prima di passare al medioevo e alla nascita delle posate così come le conosciamo oggi, vogliamo fare una piccola panoramica sull’oriente e su quelle che vengono comunemente chiamate “bacchette cinesi” (ovvero le “kuai zi”). Senza entrare nei particolari, ci limitiamo qua a dire che le più antiche bacchette cinesi mai ritrovate risalgono al 1200 a.C. e sono di bronzo ma che si sono diffuse nelle tavoli orientali a partire dal 400 d.C., visto che sino a quel momento venivano utilizzate soprattutto per cucinare (in particolare per mescolare le pietanze all’interno delle pentole, ed erano infatti molto più lunghe di quelle che oggi siamo abituati a vedere ed utilizzare).

Foto by Foto by Juan Encalada su Unsplash

Il medioevo e la nascita delle posate

Arriviamo quindi al medioevo, quando le posate hanno cominciato ad affermarsi. È proprio in questo periodo, infatti, che si cominciò a parlare di “posate” vere e proprie. A partire da quel nome, “posate” appunto, che fa riferimento al fatto che queste venivano poggiate sulle tavole dai commensali. Sì, dai commensali e non dai padroni di casa o dai proprietari delle osterie. Era infatti consuetudine che ognuno avesse il proprio “set” di posate. Inizialmente, come sempre, si trattava soprattutto di coltelli, che cominciarono a diversificarsi però dai semplici pugnali o dai coltelli da caccia. Ornati, leggeri, meno resistenti ma più maneggevoli, i coltelli diventarono in questo periodo quelli a cui oggi siamo abituati. A questi si cominciò ad accompagnare anche un cucchiaio. Le persone erano solite appendersi alla cintura quindi coltello e cucchiaio e posarli (da qui “posate”) sul tavolo a cui si sarebbero serviti prima di mettersi a sedere. Erano quindi strumenti personali, di cui qualcuno andava anche piuttosto fiero, tanto da farci incidere sopra il proprio nome o lo stemma familiare.

Foto by wikimedia

E per quanto riguarda la forchetta?

Qua la cosa si fa più complessa. La forchetta era conosciuta, come visto, già ai tempi dei romani, ma fu importata in occidente come strumento da tavola nel 1003, quando la principessa bizantina Maria Argyropoulaina, nipote di Costantino VIII, che venne data in sposa a Giovanni Orseolo, figlio del doge Pietro II Orseolo, la introdusse nella corte veneziana. Pare infatti che i bizantini già ne facessero ampio uso. E forse è proprio per questo che inizialmente il suo utilizzo fu ostacolato dalla Chiesa. Pier Damiani, poi diventato santo, la considerava esempio di decadenza e considerò la terribile morte della principessa (a cui andò in cancrena buona parte del corpo) una giusta punizione proprio per quanto mostrato a tavola. Anche Innocenzo III la considerava uno strumento del demonio. Quando ancora era noto come Lotario dei Conti di Segni, si schierò infatti apertamente contro tutte le posate e gli ornamenti da tavola, forchette comprese. “Cosa c’è di più vano”, scriveva nel suo De miseria humanae condicionis, “che ornare la mensa con tovaglie decorate, con coltelli dal manico d’avorio, con vasi d’oro, con ciotole d’argento, con coppe e bicchieri, crateri e catini, con scodelle e cucchiai, con forchette e saliere, con bacili e orci, con scatole e ventagli? Quando l’uomo morirà non porterà con sé nulla di tutto ciò, e la sua gloria non scenderà con lui”.

Ciononostante la forchetta cominciò ad apparire sulle tavole italiane (non ancora in quelle del resto del continente, invece). Pare che la sua diffusione ebbe inizio attorno alla metà del 1100, grazie a una nobildonna fiorentina che, stufa di veder mangiare con le mani, impose ai suoi ospiti l’uso della forchetta. Ci vollero anni (secoli a dirla tutta) perché questa usanza prendesse piede ma sicuramente Firenze ebbe un ruolo centrale. Non parliamo della Firenze medievale però, bensì di quella rinascimentale. Tre secoli dopo gli scritti di Innocenzo III, infatti, nella culla del rinascimento le forchette diventarono finalmente di uso comune.

Foto by wikimedia

Ne abbiamo testimonianze dirette anche grazie alle opere d’arte, come “le nozze di Nastagio degli Onesti”, del Botticelli, commissionato da Lorenzo il Magnifico nel 1483 e regalato alla famiglia Pucci, una delle più antiche e storiche famiglie fiorentine. Ma come mai si diffusero per prime proprio in Italia? La risposta non può che essere una: per via della pasta. È in questo periodo, infatti, che nelle tavole italiane si comincia a servire la pasta, in diversi formati. Calda, scivolosa, unta, ricca di sugo, era un alimento che mal si prestava a essere mangiato con le mani o con il cucchiaio (anche se, soprattutto al sud, lo si faceva lo stesso). Molto meglio utilizzare qualcosa con cui poter infilzare!

Foto by wikimedia

Che nel resto d’Europa la forchetta non fosse comune lo dimostra Thomas Coryat, viaggiatore e scrittore britannico, che, addirittura sul finire del ‘600, durante una sua visita a Venezia, ne apprese l’uso diffuso e ne scrisse entusiasta, sottolineando come la forchetta fosse comoda e igienica. Anche in Francia non era utilizzata. Fu Caterina de’ Medici, moglie del Re, Carlo II, a farle importare dalla sua Firenze sino alle corti francesi.

Anche se la diffusione della forchetta passa attraverso la corte Francese, grazie a Caterina de’ Medici, proprio in Francia, quasi un secolo dopo, le forchette furono quasi del tutto abbandonate, perché considerate dall’allora Re, Luigi XIV, troppo stravaganti.

In Spagna, invece, Carlo V le apprezzò moltissimo, tanto da averne una piccola collezione privata. E la Chiesa? L’atteggiamento della Santa Sede nei confronti della forchetta non era cambiato molto in cinque secoli. Era sempre considerato uno strumento legato al demonio, al suo forcone, e seppur tollerato, certo non era visto di buon occhio. Si dovranno aspettare altri 200 anni perché la Chiesa ne approvi infine l’utilizzo.

Ma come erano queste forchette?

Ovviamente ne esistevano di moltissime varietà e materiali. Di metallo, sì, ma anche di legno. Preziose, incise, lisce, personalizzate o quanto mai semplici, erano caratterizzate soprattutto dal numero di denti (due, inizialmente, o tre, più avanti), e dal manico, piuttosto lungo che le faceva sembrare più a quelli che oggi sono i forchettoni da barbecue.

La forchetta moderna nasce invece a fine ‘700, sempre in Francia, alla corte dei Borbone; e nasce per risolvere un problema politico ancor prima che culinario. Ferdinando IV infatti aveva necessità di organizzare diverse cene ufficiali con l’aristocrazia del sud Italia. In queste avrebbe voluto far servire degli spaghetti, considerati una specialità dell’ex Regno delle Due Sicilie. Ma questi venivano ancora mangiati con le mani perché le forchette di allora, lunghe, molto appuntite e con solo due o tre denti, non erano adatte allo scopo. Pensare a cene ufficiali in cui tutti mangiavano con le mani non era possibile, non più almeno (siamo alle porte del 1800). Ferdinando IV si rivolse quindi al suo ciambellano di corte, il calabrese Gennaro Spadaccini, che introdusse un quarto rebbio e ridusse le dimensioni dei forchettoni allora in uso, dando il via a una rivoluzione arrivata sino alle nostre tavole: erano nate le forchette.

Foto by wikimedia

E oggi?

E oggi? Come sono oggi le nostre posate? Ovviamente ve ne sono di moltissimi tipi, dimensioni e forme, inutile stare qua a farne un elenco. Nel corso dei secoli, sicuramente, siamo andati via via a creare posate sempre più “specializzate” (vi sono quelle per la carne, per il pesce, coltelli da pizza e da bistecca e così via), ma anche la tecnologia ha dato il suo contributo. Esistono infatti forchette con sensori capaci di calcolare quanto velocemente si stia mangiando, facendoci capire ad esempio che è il caso di rallentare (in modo da facilitare la digestione), o altre con uno stabilizzatore anti-tremore (simile a quello utilizzato nelle navi per le bussole) che aiutano i malati di parkinson a mangiare senza bisogno di aiuto. L’evoluzione delle posate, insomma, continua.

Fonti

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