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Un cilindro di latta con un’etichetta divisa orizzontalmente in due colori, il bianco e il rosso; un concentrato di pomodoro che tutti conoscono (anche se in pochi l’hanno assaggiata fuori dal continente americano); nel 1962 Andy Warhol la rende la zuppa più famosa e iconica del mondo. Stiamo parlando della zuppa Campbell, diventata a inizi anni ’60 uno dei più riconoscibili simboli della pop art. Ma dietro il marchio Campbell c’è anche molto altro. Si parte addirittura nel 1869 dall’unione di pomodori e ghiaccio e di mezzo c’è anche una partita di football. Questa la sua storia.

Gli inizi

Siamo nel 1869 quando a Camden, in New Jersey, Joseph Campbell, un commerciante di frutta e verdura, conosce Abraham Anderson, un rivenditore di ghiacciaie per la conservazione alimentare. I due cominciano a parlare e ben presto viene fuori che entrambi hanno la voglia di immettere sul mercato qualcosa di innovativo, qualcosa capace di rivoluzionare le cose. Già, ma cosa? I due concordano che il futuro è il cibo in scatola e insieme aprono un’industria – la Anderson & Campbell Preserve Company. Ma i loro prodotti non hanno niente di particolarmente innovativo, sono per lo più ingredienti singoli messi in lattina. Salsa di pomodoro per la maggior parte, o carne macinata. Riuscire a fare una zuppa vera e propria è un’operazione difficile: l’unione di ghiaccio e pomodoro non regge. Non aiuta la conservazione né dà un buon sapore al prodotto. Per fare una zuppa come si deve ci vuole troppa acqua, non si riesce a concentrare il tutto in lattine così piccole; e farle più grandi le rende troppo pesanti, impossibile spedirle a prezzi abbordabili. I due litigano, hanno idee diverse su come portare avanti l’azienda, e ben presto Anderson abbandona l’impresa che così diventa la Campbell Preserve Company. È proprio Campbell che decide di puntare ancora sulle zuppe pronte, convinto della bontà delle sue idee. Ma il successo tarda ad arrivare, la Campbell Preserve Company non va male ma è ben lontana dal successo immaginato alla sua apertura. Oltretutto l’età non viene incontro a Joseph Campbell che, nel 1894, a quasi 80 anni, decide di ritirarsi, lasciando la presidenza a Arthur Dorrance che ha un grande merito: quello di dare ascolto a suo nipote, John T. Dorrance.

La nascita della zuppa

John T. Dorrance è un ragazzo giovane ma è sveglio. Ha viaggiato parecchio per avere così pochi anni: è stato in Massachusetts, al MIT, dove si è laureato in chimica ma poi si è trasferito in Germania e quindi in Francia. È qua che studia alcune ricette di zuppe e – mettendo a frutto i suoi studi in chimica – torna a casa con un’idea. Ma suo zio non è persona che fa grossi favoritismi e Dorrance viene assunto come chimico a una paga da 7 dollari e mezzo a settimana (contro quella di circa 12 degli operai dell’azienda). In compenso, gli mette a disposizione un laboratorio e un po’ di budget per la sua ricerca. E Dorrance non ci mette molto a ideare una formula capace di condensare il brodo, dimezzando la quantità di acqua necessaria a fare una zuppa. Una buona zuppa, tra l’altro. Nasce così la Campell’s Soup. È l’inizio di un prodotto che ha segnato la storia dell’economia e dell’alimentazione americana.

L’etichetta

Manca però una cosa: un’etichetta distintiva. La zuppa, infatti, viene inizialmente commercializzata con un’etichetta ricca di disegni e scritte, a base blu e con richiami arancioni. È vistosa e pacchiana e non convince né Dorrance – che grazie alla sua invenzione sta facendo carriera – né suo zio. Oltretutto è sempre un’idea di John quella di portare la zuppa in Francia, all’Esposizione Internazionale di Parigi prevista da lì a 3 anni, nel 1900. Ci vuole qualcosa di più elegante, adatto anche al gusto del palato Europeo. È Herberton L. Williams a proporre un’alternativa. Williams è il tesoriere dell’azienda e ha una passione, quella per il football universitario. Ha studiato all’Università della Pennsylvania e non disdegna di andare a vedere qualche partita. Lo fa anche una volta, nel 1987, appunto, quando i ragazzi della Pennsylvania si vanno a giocare un campionato perfetto – senza sconfitte – contro quelli della Cornell, una delle principali università americane, con sede a New York. La partita finisce con un poco spettacolare 4 a 0 per i padroni di casa (che stabiliranno quindi un record di vittorie consecutive), ma quello che ci interessa di più è che Williams rimane affascinato dall’eleganza delle divise avversarie, con maglie rosse e pantaloni bianchi.

Il giorno dopo a lavoro si diverte a disegnare uno schizzo di un’etichetta con quei colori: rossa sopra e bianca sotto, con le scritte in negativo, a colori invertiti. Il risultato piace. Vengono solo aggiunti dei piccoli particolari, delle scritte in corsivo ad esempio, che facciano sembrare la zuppa più casalinga. Poi viene stampata, attaccata e il tutto viene portato alla grande esposizione di Parigi. Dove, ovviamente vincerà il primo premio della critica. Il premio è una medaglia d’oro e allora anche quella viene inserita nell’etichetta, assieme a una fila di piccoli gigli dorati, proprio in onore della Francia. Siamo così arrivati all’etichetta che tutti conosciamo.

La grande espansione

Le zuppe Campbell diventano subito un piatto di riferimento della cucina americana. Ancor di più dopo che lo stesso John T. Dorrance, il chimico che ha dato il via alla rivoluzione, diventerà presidente della società. Tra le altre cose, a inizi ‘900, la Campbell opta per una forte campagna pubblicitaria e incarica Grace Wiederseim Drayton, illustratrice e scrittrice, di pensare a qualcosa che possa rimanere nell’immaginario dei clienti. Nascono così i Campbell Kids, declinati ben presto in centinaia di varianti diverse, con richiami ai soldati, ai poliziotti, alle infermiere, alle professoresse, ai marinai, ecc.

Ma il vero successo arriva dopo la Seconda guerra mondiale. Le zuppe Campbell si sono fatte conoscere ovunque come uno degli alimenti che ha contribuito al successo a stelle e strisce nella guerra (celebre la pubblicità che vede il segretario alle politiche agricole dire che sarà il cibo a vincere la guerra, corretto in “è stato il cibo a farci vincere la guerra”), grazie alla loro portabilità, al loro costo contenuto e alla loro scadenza di lungo corso. Il pubblico americano inoltre apprezza la varietà di sapori offerti (zuppa di pomodoro, zuppa di legumi, zuppa di pollo e funghi, ecc.) e la rapidità di preparazione. E così, nel boom degli anni ’50, la Campbell si espande, aumentando il portafoglio marchi e prodotti da forno, affettati, carni suini, pasta, brodi vegetali e dolci vari. Ben presto le zuppe Campbell trovano spazio nelle dispense di praticamente tutte le case americane.

Andy Warhol

Nel 1962 l’artista Andy Warhol inserisce in una serie di serigrafie il barattolo di zuppa Campbell. Il primo lotto del 1962 è costituito da una serie di 32 tele. Inizialmente i barattoli sono rappresentazioni accurate delle lattine di Campbell, con il progredire della serie diventano più surreali con Warhol che sperimenta schemi di colori invertiti e altre tecniche poi usate anche su altri suoi dipinti. I barattoli Campbell diventano all’improvviso qualcosa di più di semplice zuppa: si trasformano in un’opera d’arte vera e propria, donando alla società fama internazionale. Ovviamente le vendite aumentano in quegli anni e la Campbell pone le basi per diventare un pilastro dell’alimentazione mondiale.

Foto by Flickr

Gli anni recenti

La Campbell ha continuato negli anni la sua politica di espansione. A inizi anni 2000 sbarca in Inghilterra e Irlanda e nel 2011 allarga i suoi potenziali clienti producendo una linea di zuppe certificate dalla Società islamica del Nord America come “halal” (preparate cioè secondo la legge islamica). Proprio in quell’anno, la guida dell’azienda passa a Denise Morrison, definita dalla rivista Forbes l’80° donna più potente del mondo, che mette in piedi una serie di strategie e di prodotti fatti per raggiungere i più giovani e chi cerca alimenti confezionati freschi e biologici. Nel dicembre 2017 annuncia poi quello che è l’accordo maggiore nella storia dell’azienda: l’acquisizione della società di snack Snyder’s-Lance per 6,2 miliardi di dollari. Ad oggi, nonostante alcuni scontri tra azionisti che stanno decidendo il futuro della società, la Campbell vanta 18.000 dipendenti, con un fatturato annuo di 8 miliardi di dollari.

Fonti

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