logo
Print Friendly, PDF & Email

La cucina giapponese sta acquisendo sempre maggior popolarità in Europa e si dimostra un mercato in rapida espansione: sono molti i ristoranti che servono i piatti del Sol Levante nelle nostre città (complice, probabilmente, la fortunata formula “All you can eat” per il Sushi). La prima cosa che viene in mente quando si pensa al cibo giapponese è probabilmente proprio il sushi: uramaki, temaki e nighiri sono ormai diventati una pietanza consumata abitualmente, dai più giovani in modo particolare . Ma la tradizione gastronomica giapponese è molto più ricca di quanto la maggior parte della gente creda e comprende un’incredibile varietà di piatti preparati con una vasta gamma di ingredienti e tecniche di cottura. Tra questi il ramen (ラーメン rāmen), iconico piatto della cucina del Giappone che affonda le sue radici nella storia del Paese.

Foto by Cody Chan on Unsplash

Il ramen è costituito da noodles (spaghetti) di grano serviti in un brodo di carne o, talvolta, di pesce, aromatizzato con salsa di soia (realizzata da una pasta fermentata di soia e grano tostato), miso (prodotto dalla fermentazione della soia con sale e koji – un tipo di fungo) o shio (sale). Ogni regione del Giappone, poi, ha elaborato una propria versione del ramen, tanto che basta spostarsi di pochi chilometri all’interno del Paese per poter assaggiare zuppe dalla consistenza e dal sapore molto diverso. Sebbene sia stato assorbito dalla tradizione giapponese, il ramen ha origini cinesi: è nato infatti nel Paese del Dragone, ma è stato in Giappone che ha subito una vera e propria rielaborazione (a partire dalla seconda metà dell’Ottocento) fino a diventare uno dei più importanti piatti nazionali. Ad oggi, le strade delle città del Giappone sono popolati dai ramen bar, cioè i tipici ristoranti che vendono ramen, caratterizzati dalla presenza della cucina a vista per apprezzare il lavoro dello chef e del bancone, al quale i giapponesi amano consumare la loro ciotola fumante. Vi sono, addirittura, intere vie dedicate al ramen, con tanti ramen bar uno accanto all’altro, ognuno dei quali serve la propria versione della celebre pietanza.

La storia del ramen

Come accennato il ramen ha avuto origine in Cina: qui alcuni giapponesi hanno potuto apprezzare questo piatto, tanto da desiderare di replicarlo in patria. Per i cinesi era consuetudine consumare il ramen come un cibo da strada, tanto che, ai primi del Novecento, molti cinesi che vivevano in Giappone possedevano la loro bancarella ambulante, dalla quale vendevano ai lavoratori fumanti ciotole di ramen, oltre ai tipici gyōza (ravioli). Secondo l’esperto di ramen Hiroshi Osaki, il primo negozio specializzato di ramen fu aperto a Yokohama nel 1910. È, però, durante il periodo Shōwa (corrispondente, cioè al regno dell’imperatore Hirohito e compreso tra il 25 dicembre 1926 e il 7 gennaio 1989) che il ramen si è affermato come piatto iconico giapponese e, in particolare, il preferito da chi desidera cenare fuori casa: il ramen inizia ad allontanarsi dalla concezione cinese, che lo voleva piatto da consumare velocemente in una pausa dal lavoro, e diventa la pietanza delle occasioni speciali, da mangiare con gusto in un comodo ristorante. E così è rimasto per molti anni perché per il popolo giapponese mangiare ramen era, al tempo, un diversivo all’interno della giornata lavorativa. Un momento cardine nella storia del ramen (momento che ha cambiato nettamente lo sviluppo di questo piatto) è il 1958, quando Momofuku Ando, presidente di Nissin Foods, inventa il ramen istantaneo. Secondo un sondaggio condotto nel Paese, questa invenzione è considerata la più grande invenzione giapponese del XX secolo: il ramen istantaneo ha, infatti, permesso a chiunque di replicare (più o meno fedelmente) questo piatto a casa propria, con costi decisamente contenuti. Era sufficiente aprire la confezione, aggiungere acqua bollente per ottenere la ciotola che, fino a poco tempo prima, era il simbolo delle cene fuori casa.

Foto by Flickr

A partire dagli anni ’80, il ramen è diventato un’icona culturale giapponese, tanto poi da essere studiato (e apprezzato) in tutto il mondo. Negli anni ’80 e ’90 il ramen si diffonde velocemente negli Stati Uniti (dove oggi è quasi un piatto nazionale) e diventa un piatto gourmet: non ci sono solo le confezioni di ramen istantaneo del supermercato, ma sono molti i ristoranti che servono ciotole di ramen. Anche ristoranti di alto livello, come il Momofuku di New York, aperto dal celebre chef David Chang.

Il rapido sviluppo e la grande importanza che questo piatto ricopre nella cultura culinaria giapponese è testimoniato, anche, dall’apertura nel 1994 del primo museo del ramen a Yokohama.

La nascita di un museo interamente dedicato a questa pietanza testimonia l’importanza centrale che ricopre all’interno della cucina del Paese. Il museo, chiamato Shinyokohama Raumen Museum, è organizzato in modo da permettere ai visitatori sia di ripercorrere le tappe principali della storia del ramen sia di provarne alcuni tipi.

Al primo piano del museo viene illustrata la storia, con una sezione particolare dedicata alla già ricordata invenzione del ramen istantaneo. Inoltre, vengono mostrati vari tipi di noodles disponibili nei vari ramen bar del Paese, oltre ai diversi condimenti, come le uova marinate, il maiale e le alghe. Per quanto riguarda i noodles, elemento fondamentale del piatto, all’interno del museo è possibile osservare da vicino il processo con cui vengono realizzati, dall’impasto fino alla tiratura della pasta. Un altro piano è poi dedicato a una replica 1:1 di alcune strade e case di Shitamachi, la città vecchia di Tokyo, intorno all’anno 1958, periodo in cui il ramen era in rapida espansione. Qui si trovano anche alcuni ristoranti di ramen, ognuno con un piatto proveniente da una diversa regione del Giappone.

Foto by Flickr

Preparazione e tipi di ramen

Gli ingredienti principali del ramen sono i noodles e il brodo. I noodles sono generalmente fatti di farina di grano, acqua, sale e kansui (un tipo di acqua minerale, che contiene carbonato di potassio e bicarbonato di sodio); il brodo viene preparato combinando, nella maggior parte dei casi, pezzi di pollo o di maiale insieme ad altri ingredienti, come il katsuobushi (filetti di tonno essiccato), il nuboshi (sardine secche), funghi shitake, cipolle. Esistono, comunque, delle varietà di brodi vegetariani, realizzato con le sole verdure. Salsa di soia e miso sono usati per aromatizzare la zuppa. I vari ingredienti che compongono il ramen vengono cotti separatamente e assemblati solo al momento del servizio: il ramen è, infatti, un piatto molto complesso, che richiede molte ore di preparazione in cucina. Nella cucina a vista del ramen bar il ramen chef assembla gli ingredienti: i noodles vengono scolati all’interno della ciotola che contiene il brodo, poi vengono aggiunti i condimenti (diversi a seconda della variante), come carne di maiale, uova marinate, porri, spinaci, mais e così via.

Generalmente, si possono individuare quattro categorie generali, entro le quali racchiudere i vari tipi di ramen.

1) Shoyu (soia): brodo marrone chiaro, a base di pollo o verdure, caratterizzato dalla presenza della salsa di soia, che lo rende salato e saporito, ma leggero al palato. Come condimenti prevalenti si trovano i germogli di bambù, le cipolle, le alghe nori, le uova sode.

2) Shio (sale): brodo chiaro e limpido, realizzato con un’abbondante dose di sale e una combinazione di pollo, verdure e alghe. Al brodo vengono poi aggiunti, oltre ai noodles, alcuni condimenti, come il chāshū di maiale, le prughe e il kamaboko (il famoso involtino di pesce, rosa e bianco).

3) Miso: ramen nato in Giappone (è stato sviluppato a Hokkaido), presenta un brodo realizzato con una dose generosa di miso e pollo. Il risultato finale è una zuppa densa, molto saporita e leggermente dolce. Il Miso ramen tende a avere un sapore corposo e piccante e quindi si adatta a condimenti saporiti di vario tipo, come il maiale macinato, il cavolo, il sesamo e i germogli di soia.

4) Tonkotsu: considerato da molti il ramen principale del Giappone (è originario del quartiere Hakata-ku della città di Fukuoka), viene preparato facendo bollire le ossa di maiale a lungo, anche per dodici ore. Il brodo risulta essere molto denso e si accompagna bene con chāshū di maiale, uova marinato e cavolo.

Come si mangia il ramen

Dopo averne brevemente ripercorso la storia, dopo aver idealmente camminato tra i corridoi del muso a lui dedicato e dopo aver assaporato il profumo degli ingredienti che lo compongono, una domanda sorge spontanea: ma come si mangia il ramen? Una ciotola, un cucchiaio e le celebri bacchette è quanto i commensali si trovano di fronte dopo aver ordinato la loro pietanza. La complessità di questo piatto richiede un approfondimento sulla “corretta” maniera di mangiarlo: prima i noodles o prima il brodo? I migliori ramen chef sostengono che i noodles restino perfetti cinque minuti dopo essere stati aggiunti al brodo caldo; dopo diventano scotti e pastosi. Dunque, il ramen dovrebbe essere mangiato abbastanza velocemente (cominciando proprio dai noodles): in Giappone è pienamente consentito mangiare sonoramente il proprio ramen, risucchiando i noodles senza nessuna inibizione. Nel caso in cui i noodles finiscano prima del brodo, è normalmente possibile richiedere una kaedama, cioè una porzione extra di noodles da aggiungere.

Per comprendere meglio l’importanza di questo piatto è interessante guardare il film Tampopo (1985), film di culto giapponese che si basa sulla ricerca della ciotola perfetta di ramen. Il film ruota attorno all’enigmatico eroe Goro e al suo compagno Gun e alla loro desiderio di aiutare un negozio di ramen in fallimento, gestito dalla madre single Tampopo. Mentre il film ripercorre la loro odissea per la ciotola perfetta, in una serie di scene apparentemente distanti ma esilaranti, Tampopo e il pubblico vengono a conoscenza delle complessità implicate nel creare il ramen perfetto. In particolare, in una scesa un maestro zen racconta come mangiare la ciotola di ramen, per apprezzare a pieno i suoi profumi, il suo gusto e il perfetto equilibrio tra gli ingredienti. Il primo passo è proprio la ciotola: guardarla e poi toccarla amorevolmente con le bacchette, per esprimere affetto e apprezzamento verso lo chef che l’ha preparata e gli ingredienti che la compongono. In questa fase, toccare (sempre con le bacchette) le fettine di maiale con tenerezza e immergerlo nella zuppa sul lato destro della ciotola, come a volergli affettuosamente dire “Attode ne” (ci vediamo presto). Un modo curioso e bizzarro di approcciarsi a una ciotola di ramen, ma il maestro zen sembra prendere la cosa molto seriamente. Il secondo passo prevede di assaggiare i noodles, in modo molto rumoro, per assaporare la cura che è stata riservata loro in fase di preparazione. Lo sguardo deve essere sempre fisso sul chāshū  di maiale, che attende il proprio turno per essere mangiato. Poi, è fondamentale assaporare l’insieme degli ingredienti, mangiandoli in alternanza ai noodles. In questa fase, si inizia a percepire l’equilibrio di sapori e odori che regge la ciotola. È ora il turno della zuppa: tre sorsi prima di riassaporare i noodles e gli altri condimenti del ramen. La ciotola richiede ore di preparazione prima di essere pronta ed è giusto godere di questa complessità, apprezzandone il gusto. Finalmente, il chāshū di maiale: il maestro zen raccomanda di prenderne in modo deciso un pezzo, battendolo leggermente sul bordo della ciotola per scolarne il brodo in eccesso. Adesso si può assaporare la lenta cottura della carne, il suo sapore leggermente dolce e il suo gusto reso ancora più deciso dall’immersione del brodo.


A dispetto di tutte queste regole e delle tecniche, i ramen chef concordano su un punto fondamentale, forse il più importante: il ramen deve essere un piacere. Deve essere un piacere assaporare (rumorosamente, è bene ricordarlo) i noodles, bere il brodo (i giapponesi portano direttamente la ciotola alla bocca, tutto è concesso) e mangiare i condimenti, trovando un proprio ritmo e una propria alternanza.

Fonti

Condividi: