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Può essere capitato di vedere in alcuni supermercati o in alimentari etnici questo strano vegetale che di primo acchito pare un friggitello rigato. Ebbene, questo ha un nome. Anzi, ad essere precisi, ne conta diversi in base anche all’area geografica in cui viene consumato: in Italia è conosciuto come okra (che si può scrivere anche nella variante ocra) o gombo. Ma se lo vedeste associato a lady’s fingers, gumbo, quingombo, okro, ochro, bamia, bamie, quiabo, quibombo, bamia, bamya, bhindi, bamies e a tanti altri ancora, sappiate che si tratta dello stesso prodotto.

Il nome okra deriva probabilmente da una delle lingue del gruppo Niger-Congo (il nome del gombo nella lingua Twi è nkuruma). Questo termine è entrato in uso nel vocabolario inglese a partire dalla fine del XVIII secolo. L’okra è il frutto dell’omonima pianta appartenente alla famiglia delle Malvacee, imparentata con il cotone, l’ibisco e l’agrifoglio; viene coltivata nei paesi con un clima tropicale e subtropicale. Si tratta di una pianta tropicale disponibile tutto l’anno (con un picco di produttività durante i mesi estivi), alta (raggiunge anche i 2 metri di altezza), presenta foglie a forma di cuore (che in alcune varianti risultano anche essere commestibili) e grandi fiori gialli simili all’ibisco. I baccelli crescono rapidamente e sono usati come verdura e hanno una consistenza unica e un sapore dolce; quando questi vengono tagliati, trasudano un succo mucillaginoso (denso e appiccicoso) che è un perfetto addensante per stufati e zuppe, come il créole gumbo, e hanno un sapore che ricorda un po’ un incrocio tra asparagi e melanzane, che si fonde bene con cibi acidi come i pomodori.

Nessuno sa veramente dove l’okra sia apparsa per la prima volta. Gli scienziati ritengono che abbia avuto origine da qualche parte in Etiopia e che la sua coltivazione ebbe inizio già nel XII secolo a.C. presso la popolazione degli antichi Egizi. In seguito, si diffuse in tutto il Nord Africa e il Medio Oriente. La pianta molto probabilmente arrivò negli Stati Uniti meridionali con l’inizio della tratta degli schiavi nel 1500 e fu introdotta in Europa occidentale poco dopo. L’okra, come il riso, era uno dei pochi raccolti che gli schiavi potevano portare con sé dalle loro comunità e, all’arrivo nei porti sparsi nel Sud americano, i lavoratori schiavizzati iniziarono a preparare piatti a base di okra, attingendo alle cucine e alle ricette delle loro terre d’origine. L’okra divenne un pilastro fondamentale nei loro orti personali, in quanto forniva ulteriore sostentamento alimentare quando il cibo era limitato dai proprietari schiavisti. La coltivazione della pianta dell’okra in America del Sud ha fatto sì che si mantenessero in vita antiche tradizioni culinarie e agricole dell’Africa occidentale. In Louisiana, i Créoles impararono dagli schiavi l’uso di questa pianta per addensare le zuppe e ora è un elemento essenziale nella loro cucina; piatti come l’okra fritta e l’okra stufata con i pomodori divennero presto un segno distintivo della cucina afroamericana e, successivamente, degli stati dell’America meridionale. Oggi l’okra è popolare in Africa, nel Medio Oriente, in Grecia, in Turchia, in India, nei Caraibi, in Sud America e negli Stati Uniti meridionali.

Per gustare questo vegetale al meglio, si consiglia di acquistare baccelli non troppo maturi, teneri ma sodi e che si spezzino facilmente a metà. Le migliori varietà hanno un colore verde intenso ed è meglio evitare quelli che si presentano con un aspetto spento e secco, imperfetto o floscio. I baccelli molto giovani e teneri possono essere affettati, immersi nell’uovo, impanati con farina di mais e fritti. In tutta l’Africa occidentale, invece, è più facile trovarli impiegati in zuppe e stufati, svolgendo il ruolo di roux addensante. Ancora, l’okra si presta ad altri tipi di cotture come quella al vapore e al forno, e si può conservare in salamoia o consumare cruda nelle insalate. A livello nutrizionale, è una buona fonte di vitamina C, A e di vitamine del complesso B (come ferro e calcio). Inoltre, ha poche calorie, fornisce molte fibre alimentari e non contiene grassi. Storicamente, i semi oleosi della pianta di okra erano usati come perline o tostati come sostituto del caffè, mentre il fusto del gombo maturo e macerato fornisce una fibra tessile chiamata fibra di gombo.

Fonti

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